giovedì 22 luglio 2010

1.4. Cambia-menti

Il termine globalizzazione è forse uno dei più in voga degli ultimi anni che però porta con sé conseguenze che non sono state ancora metabolizzate; la definizione che viene data è quella di un «fenomeno di unificazione dei mercati a livello mondiale, consentito dalla diffusione delle innovazioni tecnologiche che hanno spinto verso modelli di consumo e di produzione più omogenei e convergenti» (Da: Treccani.it) che quindi investe prima di ogni cosa la sfera economica. Unificazione non significa però solo interrelazioni reciproche tra i mercati, ma anche e soprattutto interdipendenza globale per la quale modifiche che avvengono in un Paese si ripercuotono inevitabilmente in tutti gli altri.


L’abbattimento delle barriere fisiche, giuridiche e culturali va a potenziare le opportunità economiche a livello globale ma se da un lato consente sbocchi maggiori per le aziende, dall’altro va ad aumentare la concorrenzialità nei settori in modo che - come spiega Lambin - «ciò che accade in un mercato influenza gli altri mercati» (Lambin, 2004, pag. 45) . Secondo questa prospettiva, il progressivo evento di rottura stabilito dalla globalizzazione rende l’equilibrio generale precario e molto incerto al presentarsi di eventi di natura incontrollabile: una crisi finanziaria, una catastrofe naturale o peggio ancora una guerra; il problema che quindi si presenta alle aziende è quello di trovare «[…] un equilibrio tra flessibilità e formalizzazione delle regole di condotta, standardizzazione e adattamento dei prodotti e delle marche, centralizzazione e delega delle decisioni» (Ibidem) in modo così da tamponare eventuali cambiamenti repentini.

Tuttavia, la globalizzazione non è la sola responsabile dei maggiori cambiamenti in atto: il boom e lo sviluppo delle nuove tecnologie d’informazione e comunicazione camminano di pari passo creando quello che Lambin identifica come «un effetto di amplificazione degli eventi su scala planetaria» (Ivi, pag. 43) .


Viene così a teorizzarsi il villaggio globale di McLuhan in cui ogni persona presente sul pianeta è in grado di comunicare con le altre andando a formare una società connessa che rivendica un ruolo più attivo nelle decisioni economiche: consumatori e cittadini non vengono più considerate come entità astratte ma come persone che scambiano opinioni ed idee favorendo così relazioni sia di tipo one-to-one che di tipo comunitario.

Questo ha favorito la nascita di un nuovo strumento importantissimo oggi per l’impresa: il web come spazio pubblicitario.

La creazione di siti internet interamente dedicati ai prodotti dell’azienda e la presenza di banner (annunci pubblicitari sul World Wide Web) disseminati nella rete e nei più longevi motori di ricerca costituiscono un’ulteriore possibilità commerciale con una duplice caratteristica: essendo online può essere raggiunta da qualsiasi persona in qualunque momento ed il suo impatto risulta facilmente misurabile. Grazie infatti al numero del CTR (Click-Through-Rate) che in italiano significa “percentuale di clic”, è possibile quantificare gli utenti che non solo visualizzano ma che cliccano sul banner, diventando quindi potenziali clienti. Il funzionamento è molto semplice: quando si naviga tra siti e pagine web e si clicca su un annuncio reputato interessante, l’utente viene trasferito dal sito che contiene il banner al server dell’azienda committente ed in un secondo momento l’editore che ha avuto il compito di pubblicarlo invia un rapporto al suo committente con la statistica e la percentuale degli utenti che sono stati indirizzati sul server dell’azienda.

Internet, a differenza dei suoi fratelli maggiori, presenta però una peculiarità ancora di difficile imitazione: l’interattività. Attraverso il web è infatti possibile non solo informare, ma comunicare: chiedere informazioni o chattare con chi ha già acquistato e testato il prodotto, dare consigli o inserire opinioni su una determinata marca piuttosto che un’altra. Il mezzo quindi si presta ad una pluralità d’applicazioni consentite proprio dalla sua bidirezionalità.

Oltre alla possibilità di pubblicizzare e comunicare con i propri clienti, la rete offre la possibilità della vendita diretta, di notevole importanza per l’azienda che in questo modo scavalca l’intermediario con un notevole taglio sui costi di transazione. L’utilizzo del marketing diretto si avvale, oltre che della piattaforma web, di altri strumenti come l’invio di mail (grazie all’enormità di banche dati sempre più aggiornate), il telemarketing ( i call center ne sono un esempio), o la televendita.

Questo avvicinamento al cliente finale da parte del produttore si traduce in un altro importante cambiamento e cioè nella disintermediazione dei distributori più che altro fisici: gli utenti, se per reperire le informazioni di loro interesse dovevano recarsi nei negozi o nei rivenditori autorizzati investendo quindi tempo e denaro, possono ora farlo comodamente sul divano navigando in rete. Ma se da un lato molti hanno subito di fatto questo cambiamento, altri ne hanno raccolto i frutti creando una nuova schiera d’intermediari individuati da Lambin con il termine «infomediari», che si sostituiscono al cliente potenziale nella ricerca e comparazione, in base a criteri selezionati da quest’ultimo, dei prodotti richiesti.


Questo diminuisce il tempo necessario per la ricerca da parte del cliente proprio perché i risultati sono informazioni pertinenti solo ai prodotti desiderati e perché infine facilitano la propensione all’acquisto.

Come sottolineato da Kotler, «la new economy è fondata sul business delle informazioni» (Kotler, 2007, pag. 45) le quali si prestano ad una molteplicità di funzioni che le aziende hanno scoperto ed utilizzato per tutti i rapporti intrattenuti con ogni categoria di stakeholder. Il vantaggio principale delle informazioni consiste nel fatto che queste possono essere manipolate e che ogni informazione è portatrice di altre che, se accuratamente combinate, possono fornire importanti spunti per il miglioramento delle relazioni. Il progressivo utilizzo di tali informazioni ha consentito l’adattamento, la personalizzazione e la differenziazione delle offerte di mercato per ogni consumatore e molte imprese utilizzano questo approccio per la fidelizzazione dei propri clienti.

C’è però una doverosa differenza da sottolineare tra il processo di personalizzazione e quello di customerizzazione. La personalizzazione si riferisce al servizio che il produttore fornisce ai proprio clienti, come la differenziazione di un prodotto; mentre la customerizzazione concilia sia la personalizzazione dei prodotti, su misura per ogni cliente, sia la personalizzazione delle leve di marketing dove il servizio fornito dall’impresa viene configurato dal cliente secondo le proprie esigenze attraverso l’instaurarsi di un rapporto bidirezionale.
La crescente attenzione verso la relazione con la clientela e la maggiore quantità d’informazioni a disposizione dell’impresa sono il preludio della nascita di un nuovo tipo di gestione e cioè un processo finalizzato alla creazione ed al mantenimento di tali relazioni: il CRM.



La Dell computer, azienda fornitrice di computer, soluzioni tecnologiche ed accessori, consente dal proprio sito di personalizzare la scelta dei portatili dando la possibilità ad ogni singolo visitatore di scegliere i componenti desiderati e di assemblarli nella maniera più consona alle proprie esigenze.



Questo dà all’azienda la possibilità di soddisfare in pieno le esigenze dei consumatori che in pochi giorni hanno la possibilità d’avere direttamente al domicilio il proprio portatile: il computer è ora veramente “personal”. Dell, nata inizialmente come società operante esclusivamente online, solo di recente ha ridefinito i propri obiettivi di business cambiando strategia ed iniziando ad intrattenere rapporti con la grande distribuzione attraverso intermediari del settore come le catene specializzate Mediaworld o Euronics, per migliorare fattori come l’assistenza alla clientela che viene concessa sotto delega agli intermediari.
Vedi anche: Customer Relationship Managament

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