giovedì 22 luglio 2010

1.6. Due passi indietro

Ogni cambiamento è figlio del suo tempo: se da un lato la modernità ha rivoluzionato la condizione umana ridefinendo i limiti concessi all’uomo con la crescente fede riposta nella tecnologia e nella sua superiorità rispetto al mondo naturale che lo ha portato a preferire l’Io al Noi, dall’altro la postmodernità mettendo a disposizione di tutti prodotti, merci e cultura, ha finito per disaggregare valori ed esperienze di ogni genere.


Come messo in evidenza da Lyotard ne La condizione postmoderna (Lyotard, Jean-François, 1980, La condizione postmoderna, Milano, Feltrinelli) , la produzione in serie dei prodotti ha finito per eliminare il valore a loro attribuito in virtù del fatto che replicare qualcosa all’infinito comporta la perdita dell’originalità; in questo modo anche una semplice decisione può risultare difficile proprio perché i punti di riferimento diventano più opachi.

La frammentazione dei valori, la loro disaggregazione e la fragilità delle identità rappresentano le caratteristiche principali dell’età postmoderna che il marketing dovrà assimilare per rispondere al meglio alle sfide del futuro. Eppure, «la globalizzazione dell’economia e dunque della società» - spiega Cova - «[…] può diventare un acceleratore del movimento inverso, indirizzato alla ricerca di radici e di stabilità» (Cova, Bernard, 2007, Il marketing tribale. Legame, comunità, autenticità come valori del Marketing Mediterraneo, Milano, Il Sole 24 Ore, pag. 79) che si traduce, per il marketing, in una ricostruzione del vissuto quotidiano nella prospettiva emotiva del consumatore.

Il paradosso consiste proprio nel fatto che solo grazie alle nuove tecnologie e alle recenti scoperte fatte dalle neuroscienze è possibile comprendere ed interpretare le scelte ed i valori attribuiti dai consumatori ai propri acquisti che sono solo in parte decisioni razionali. La convergenza delle varie discipline, tra le quali la sociologia, la linguistica, le neuroscienze e la psicologia sono di grande aiuto all’economia per capire i cambiamenti dei propri clienti e per ridefinire i propri prodotti. La qualità infatti sembra non essere più il discrimen sulla base del quale il consumatore sceglie i propri prodotti; altri fattori di natura emotiva entrano in gioco nel processo d’acquisto: da qui la necessità per l’impresa di creare un’offerta di valore che sia in grado d’integrare aspetti funzionali ad aspetti emozionali. La differenza tra un prodotto tradizionale ed uno emozionale è stata puntualmente sottolineata da Barberis affermando che «[…] nel primo caso il possessore percepisce la sensazione materiale del possedere, che dopo un breve periodo perde l’intensità, nel secondo caso il possessore si sente parte di un gruppo elitario, ed il passare del tempo amplifica tale sensazione […]» (Barberis, Massimo, 2006, Marketing Emozionale, Strategie di comunicazione nel mercato della new generation, Roma, Valter Casini Editore, pag. 26) .

In un mercato maturo in cui le possibilità di scelta del consumatore sono numerose e la concorrenza è molto alta, l’azienda finalmente punta sempre di più verso prodotti di tipo emozionale, che non significa dare o promettere al cliente qualcosa di stupefacente o fuori dal normale, ma che al contrario evochi qualcosa di familiare e già presente nella sua mente e, attraverso un déjà-vu, riesca a fermare il ricordo di quel prodotto o di quella marca associandolo ad emozioni già conosciute.

Ma quando si parla di emozione si entra in un territorio minato sul quale poche luci sono state ancora accese: ecco perché la convergenza tra diverse discipline è indispensabile per avere una visione a tutto tondo di questo terreno inesplorato.

Un passo avanti dunque è stato fatto dalle nuove tecnologie nella ricerca di nuovi modelli organizzativi e di nuovi approcci metodologici; tutto per tornare al problema di sempre.

Cognizione ed emozione, ragione e sentimento.

Concetti che da sempre, a partire dalla filosofia, hanno tolto sonno a molti ma che mai si sono potuti approfondire per la loro complessità. La nascita spontanea di un’emozione, la possibilità d’indurla o addirittura di misurarla sono le nuove frontiere offerte dalle neuroscienze e dal progresso tecnologico: capirne il funzionamento e l’utilizzo di questi dati è di vitale importanza per l’impresa che avrebbe così a sua disposizione un’arma in più, forse la più forte, forse la più efficace.

Per quanto lo sguardo del progresso sia proiettato sempre un passo avanti, i suoi tentativi sono quasi sempre rivolti verso la soluzione di questioni sempre esistite: in fin dei conti, due passi indietro.

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