La fase di marketing strategico rappresenta la più importante e delicata di tutto il processo, proprio perché è da qui che ha inizio il meccanismo che porterà alla luce un nuovo prodotto: sbagliare qui significherebbe compromettere non solo la riuscita dell’offerta ma tutto l’equilibrio del sistema-impresa (essendo tutte le aree strategiche d’affari interdipendenti tra loro).
La partizione dei mercati e l’individuazione dei mercati-obiettivo costituiscono pertanto una scelta di natura strategica e la scelta dei criteri di segmentazione assume un’importanza rilevante. Ovviamente, per essere mirato e servire allo scopo, ogni segmento deve necessariamente essere misurabile, accessibile, facilmente riconoscibile dagli altri ed essere terreno fertile per l’impostazione dell’offerta di valore dell’azienda. Il criterio più frequentemente utilizzato è la segmentazione demografica dove vengono utilizzati dati quali la nazionalità, l’età, il reddito, il sesso, l’occupazione, la religione secondo il principio che i bisogni e le aspettative sono direttamente correlate a queste variabili ed in secondo luogo per la facilità di reperimento delle informazioni. Altro tipo di segmentazione, più complessa della precedente, è quella psicografica dove gruppi di clienti sono suddivisi secondo la loro classe sociale, il loro stile di vita e la loro personalità; la segmentazione comportamentale invece classifica e divide i consumatori in base all’uso che fanno del prodotto secondo le occasioni d’acquisto, l’intensità dell’uso ed i vantaggi ricercati.
Queste metodologie sono difficili da perseguire proprio per la complessità e la difficoltà delle informazioni da raccogliere, oltre che molto costose (comportano infatti ingenti somme di denaro per tutte le fasi delle ricerche di mercato) ma un principio vale per ognuno dei criteri menzionati: qualsiasi sia il metodo di lavoro scelto, il monitoraggio e la segmentazione deve avvenire costantemente ad intervalli regolari, perché i segmenti non si cristallizzano in virtù del fatto che, come visto precedentemente, i bisogni dei consumatori cambiano e si evolvono nel tempo.
Una volta finita la fase di scomposizione del mercato, si procede a scegliere in quale segmento operare (o quali); si tratta quindi di scegliere a quale gruppo di consumatori rivolgersi: la scelta del target avviene in base ad un’analisi fatta ex ante di tutti i punti forti (Strengths) e deboli (Weaknesses) dell’azienda e delle opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) presenti nell’ambiente chiamata SWOT analisys (ecco perché il monitoraggio dei fattori ambientali ha un’importanza cruciale per il profitto dell’impresa) e sulla base delle proprie risorse disponibili e dal grado di attrattività del segmento.
In base a quanto detto fino ad ora, l’azienda arriva alla terza fase del marketing strategico e cioè alla definizione del proprio posizionamento in base al vantaggio competitivo detenuto, cioè in funzione delle caratteristiche superiori e difendibili del proprio prodotto (o marca) rispetto ai concorrenti.
Il posizionamento altro non è che la rappresentazione occupata dall’offerta dell’azienda all’interno della mente del proprio target: nulla di tangibile quindi che non lavora su un livello di prodotto ma di percezione di prodotto; non a caso ad introdurre nel marketing questo termine sono stati due pubblicitari e non due economisti, Al Ries e Jack Trout in un famoso libro intitolato Positioning stampato nel 1984 dalla casa editrice McGraw-Hill. In realtà il concetto di posizionamento non appartiene solo ed esclusivamente all’economia ed al marketing, direi piuttosto che si tratta di qualcosa di universale. Ad esempio possiamo parlare di posizionamento di un partito politico: gli aristocratici agli occhi della nostra mente equivalgono ad un gruppo elitario, nobile di nascita, molto ricco, con molti privilegi e diciamolo … anche con la puzza sotto il naso. Ma non è tutto, esiste anche il posizionamento di una città: Parigi è da sempre considerata da tutti come la meta di ogni coppia innamorata essendo per antonomasia la capitale dell’amore.
Ries e Trout non hanno quindi inventato il concetto, lo hanno semplicemente contestualizzato ed in un certo senso reso di facile intuizione, visto che ognuno di noi nella mente ne aveva già una seppur vaga ed inconscia presenza ed è proprio di un particolare tipo di posizionamento che parleremo ampiamente nel capitolo successivo.
La scelta di uno o più posizionamenti per lo stesso concetto di prodotto rappresenta per l’azienda il canovaccio dal quale scaturirà poi tutto il marketing operativo che dovrà avere coerenza e rafforzare l’offerta di valore; ma ad oggi, vista la sovrabbondanza delle informazioni e delle pubblicità che bombardano senza tregua la mente dei consumatori, molti posizionamenti non hanno più effetto per due motivi:
- il nostro cervello è in grado di trattenere solo una quantità limitata d’informazioni;
- gran parte dei posizionamenti esistenti, specialmente nei mercati dei beni di consumo, sono saturi.
L’unica àncora di salvezza risulta quindi quella di riuscire ad entrare nella mente del consumatore occupando una posizione che nessuno ha ancora assunto andando a toccare quelle corde mai toccate prima: le sue emozioni.
Come sottolineato da Gallucci, l’emozione prende piede e si afferma «perché introdotta a forza da due elementi: l’information overload e il conseguente caos multimediale, e il principio consumistico del piacere» (Gallucci, Francesco, 2007, Marketing Emozionale, Milano, Egea, pag. 21) . L’information overload è il sovraccarico d’informazioni di cui oggi disponiamo, sia a livello di messaggi che a livello di canali utilizzati ed utilizzabili, mentre il principio consumistico del piacere fa parte del cambiamento degli stili di vita che caratterizza l’età postmoderna, in cui prodotti e servizi vengono per così dire “consumati” non proprio per il loro uso ma per ciò che essi rappresentano ed equivale proprio a ciò che Rolf Jensen, uno studioso di nuove tendenze, ha teorizzato per lo scenario del futuro nel quale «il profitto sarà generato dai contenuti emotivi degli stessi prodotti. Le aziende diventeranno proprietarie di storie sui prodotti e sulle marche piuttosto che proprietarie di prodotti e saranno capaci di inserire i nuovi prodotti all’interno delle storie esistenti» (Ivi, pag. 17) .
Diretta conseguenza del posizionamento è l’applicazione del principio di differenziazione che consiste in una serie di caratteristiche aggiuntive che differenziano l’offerta dell’impresa da quella dei concorrenti. Tale strategia competitiva, per essere efficace, deve avere secondo Lambin determinate caratteristiche:
- rendere il prodotto un elemento unico;
- avere agli occhi del segmento-target un valore superiore;
- essere difendibile a medio e lungo termine.
L’obiettivo di ogni marketing strategico è esattamente questo: riuscire ad avere un potere di mercato che metta al riparo l’impresa, generando profitto e mantenendolo verso una prospettiva di medio e lungo termine. Esistono poi vari gradi di differenziazione che possono riferirsi al prodotto, al servizio, al personale di vendita, al canale utilizzato o all’immagine: noi ci soffermeremo nei capitoli successivi sul grado di differenziazione dell’immagine sulla base di bisogni emozionali.
I punti di vista dal quale osservare il posizionamento sono due: denotativo e connotativo. Il primo si riferisce a tutti gli elementi che l’impresa ha a disposizione per la costruzione dell’identità del prodotto o della marca (product identity o brand identity) che sono la traduzione dell’immagine desiderata del prodotto e costituisce ciò che il prodotto stesso è per l’azienda; ma il posizionamento ha soprattutto un punto di vista connotativo che è quello del consumatore, il quale non ha una coscienza reale dei prodotti delle imprese ma solo riflessa, dalla quale ne ricava un’immagine (product image od anche brand image), una percezione dell’identità che viene filtrata secondo il proprio vissuto soggettivo. Più il gap che si crea tra le due attività diminuisce più l’identità dei prodotti o delle marche così come pensate dalle aziende sarà corrispondente all’immagine che i consumatori hanno: questo compito spetta anche e soprattutto al marketing operativo.
Vedi anche: ...in azione
Il blog ha come scopo principale quello di diffondere ulteriore conoscenza e mettere a disposizione altri strumenti in grado di comprendere e meglio adoperare il marketing emozionale. E' frutto del mio lavoro di tesi specialistica in Sistemi e Progetti di Comunicazione nei due anni di permanenza all'Università di Pisa. Buona Lettura
giovedì 22 luglio 2010
1.3.1. Strategia...
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